UOMO DI RIVOLI MUORE PER CORONAVIRUS, LE FIGLIE: “IL COVID TI PORTA VIA TUTTO”

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di ANGELO FRANCO

RIVOLI – È il racconto di un incubo, quello vissuto dai familiari del sessantottenne di Rivoli deceduto ieri – sabato 21 marzo – all’ospedale Santa Croce di Cuneo, a causa del virus Covid-19.

Le figlie Veronica e Valentina ci hanno autorizzato a diffondere la loro storia in un momento così drammatico, con il nobile intento di contribuire a risvegliare le coscienze, e tenere alto il livello di attenzione e sicurezza necessarie a contrastare questa terribile epidemia. A loro va dedicato un abbraccio speciale.

L’uomo, ricoverato da martedì 10 marzo all’ospedale di Rivoli e successivamente trasferito a Cuneo, non ce l’ha fatta, si è spento, lasciando un vuoto incolmabile nelle vite delle sue due figlie, Veronica e Valentina, che lo hanno amato immensamente, e di sua moglie, che gli è stata accanto per 50 anni con grande amore e dedizione.

Le parole pubblicate su Facebook da Veronica, la figlia maggiore, rappresentano la tristezza di una realtà sconcertante, ma “vogliono anche essere un monito per tutte quelle persone che stanno prendendo alla leggera la realtà dei fatti”. Le pubblichiamo qui sotto integralmente.

LA TESTIMONIANZA DELLE FIGLIE

“Quando li vedi uscire per andare all’ospedale sei sereno, la morte è un pensiero che neanche ti sfiora, andrà tutto bene, lo dicono tutti poi lui è un uomo forte. All’inizio parlano, ti chiamano, sono un po’ affaticati ma ti dicono di stare tranquille che tutto passerà. Poi iniziano a mettere la mascherina dell’ossigeno e dici ok ci sta, poi mettono il casco. Inizi a preoccuparti anche perché i rapporti si interrompono, in sottofondo senti una voce “dica ai suoi parenti che ora non potrà più chiamare li avvisi”.

“Inizi a chiamare il reparto ma non risponde nessuno, quando chiamano loro non dicono molto e tu aspetti. A casa sei solo perché devi rispettare la quarantena, pensi a tua madre e diventa il tuo pensiero fisso, sola in quella casa lei non c’è mai stata. Poi chiamano, devono intubarlo e trasferirlo”.

“Inizia l’incubo, non sai dove sia, in che ospedale, iniziano le chiamate fino a quando lo trovi, ma i medici sono incasinati, in sottofondo senti i macchinari che suonano, ti chiedi se sia quello di tuo padre ma non hai risposte”.

“Il giorno dopo riesci a parlare con un medico, si scusano ma non avevano il nostro numero e ti dicono che non sta andando bene. Inizi a capire che tuo padre a casa forse non ci tornerà, passi i giorni così da sola a casa ad aspettare la loro chiamata. Poi lui se ne va, lo avevi intuito perché il telefono suona ad un orario diverso dal solito”.

“Devi avvisare tua madre, le devi dire che le sue cose verranno buttate per tutelare i parenti, che non ci sarà il funerale, che potremmo solo salutare la bara da lontano ma che farai di tutto per recuperare la fede nuziale, sai 50 anni insieme sono tanti, quella fede significa molto”.

“Poi lei ti chiede se potrà almeno accarezzare la bara. Non sai risponderle, devi chiedere. Covid-19 si porta via tutto, chi ami, la dignità, la normalità, ti rimane addosso una cicatrice che pochi potranno comprendere. Ogni tanto provo ancora a chiamare mio padre al cellulare, mi dice non raggiungibile. Tratto da una storia vera”.

 

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