D’ALEMA A COLLEGNO PRESENTA IL SUO NUOVO PARTITO: “VOGLIAMO DARE AI GIOVANI UNA PROSPETTIVA MIGLIORE”

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di PINO SCARFÒ

COLLEGNO – Sala gremita, ieri pomeriggio, per assistere all’intervento dell’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, presso la Camera del Lavoro della Cgil. Fa gli onori di casa l’ex sindaco Silvana Accossato che definisce il neonato Art.1 Movimento Democratico e Progressista “un importante riferimento politico e un’opzione di governo credibile per i cittadini di questo Paese”.

Il microfono passa a D’Alema, che spiega le ragioni che hanno portato alcuni esponenti del Partito Democratico a costituire l’Art.1 MDP, “una nuova forza politica che ripropone valori e ideali del centrosinistra. Art.1 è un movimento che si rivolge a tutti i militanti della sinistra, al mondo cattolico democratico e soprattutto alle nuove generazioni che voltano le spalle al Partito Democratico, scegliendo di non votare o di orientarsi verso altri partiti. Vogliamo offrire a questi giovani una prospettiva diversa e siamo convinti che sia possibile riconquistarli riproponendo i nostri valori originari, ma dobbiamo ritornare ad essere una grande forza di cambiamento della società e della politica”.

D’Alema contesta alla politica renziana di aver incrinato i rapporti con una parte abbondante degli elettori del Partito Democratico creando una frattura sentimentale: “Quando una parte del tuo popolo non ti vuole più, questo determina una frattura incolmabile. Si è creato un vuoto e noi vogliamo riempirlo”.

Disapprova la politica permasta negli anni passati ed evidenzia che l’indigenza è passata da 1,5 milioni di poveri assoluti del 2008 a 4,6 milioni di oggi, soprattutto giovanile. Rileva che le politiche contro la povertà sono state misere e inefficaci, “ampliando le disuguaglianze sociali trasferendo molte risorse economiche ai ricchi”.

Entrando nel dettaglio, critica la detassazione sulle case di lusso e la scelta di elargire 18 miliardi di euro di incentivi alle imprese, “senza nessuna garanzia che questi soldi venissero reinvestiti per la crescita del lavoro”. Conclude definendo la legge su La Buona Scuola contro produttiva e umiliante nei confronti degli insegnanti e definisce la Jobs Act una norma che ha favorito soltanto i padroni producendo pochissima occupazione.

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