di PINO SCARFÒ
COLLEGNO – Il sindaco Francesco Casciano replica alle dichiarazioni della consigliera Giusy Codognotto del Movimento 5 Stelle, riportate nell’articolo del 13 febbraio scorso con il titolo “Servizi sociali unificati a Collegno, Rivoli e Grugliasco”: “La consigliera riferisce nell’articolo di un’interrogazione presentata dal Movimento 5 Stelle di Collegno circa la possibile incompatibilità di carica di un’assistente sociale con la funzione di giudice onorario, tace però sull’esauriente risposta fornita nel verbale della seduta n. 8 del 2016. E’ quindi necessario informare i lettori di CinturaOvest che la verifica circa la sussistenza di tale situazione d’incompatibiIità spetta all’organo che effettua la nomina a giudice onorario, cioè al Consiglio Superiore della Magistratura. L’insussistenza di tale incompatibilità peraltro è evidente, considerato che il bando pubblico emanato dallo stesso Csm per la raccolta delle candidature, prevede che l’impegno nel settore dell’assistenza sociale in corso e svolto in forma di attività lavorativa qualificata è titolo prevalente in sede di valutazione comparativa delle candidature. Lo stesso bando poi elenca espressamente le situazioni che danno luogo a incompatibilità e a tutela dell’imparzialità e indipendenza dispone che se il giudice minorile svolge attività di assistente sociale in servizi territoriali è necessario che ne sia comunque assicurata la posizione di terzietà. Ogni interferenza e la confusione di ruoli deve essere evitata attraverso l’applicazione delle regole fissate dal Consiglio Superiore della Magistratura nella circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari. Il giudice onorario, impegnato nei servizi sociali territoriali, non deve prestare la sua opera professionale a un livello che renda abituale o normale il suo dovere di astensione. Spetta al presidente dell’ufficio giudiziario interessato fornire al Consiglio Superiore della Magistratura ogni utile elemento di giudizio ai fini della valutazione della domanda di nomina o di conferma, ovvero ai fini della revoca dell’incarico”.
Casciano ritiene quindi evidente “che la chiamata in causa del Cisap da parte della consigliera Codognotto e del suo gruppo su questo tema è del tutto fuori luogo”. Per quanto riguarda invece l’asserita incompatibilità del dirigente del consorzio, ricorda che “nella risposta all’interrogazione si rammentava la facoltà di richiedere al Cisap le informazioni del caso. Poiché questo non è stato fatto, preferendo evidentemente continuare a diffondere dati privi di riscontro, mi corre l’obbligo, in qualità di presidente dell’assembIea dei sindaci, organo di indirizzo e di controllo del Cisap, di fugare ogni dubbio in merito. Occorre premettere innanzitutto che l’ufficio per i procedimenti disciplinari opera esclusivamente per le infrazioni che comportano come minimo la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni. Per tutti gli altri procedimenti la competenza è del dirigente – e aggiunge – ciò premesso, la motivazione riportata nella deliberazione del consiglio di amministrazione n. 17 del 2016, necessita di una precisazione. Infatti l’orientamento dell’Anac recita che tale incompatibilità sussiste nel solo caso in cui lo stesso Responsabile per la prevenzione della corruzione (Rpc) sia interessato dal procedimento disciplinare. Nel caso di Comuni in cui il Rpc non sia individuato nel segretario generale o nel caso di altre amministrazioni in cui il Rpc è identificato con figure apicali o dirigenziali, dovrà essere costituito e convocato ad hoc un organismo straordinario con competenze disciplinari nei confronti del Rpc, cosa di cui nel consorzio non si è verificata la necessità. Si evince dunque che la potenziale incompatibilità del direttore, in quanto responsabile anticorruzione, non riguarda l’espletamento delle competenze disciplinari nei confronti dei dipendenti. A differenza di quanto afferma la consigliera, non è stato quindi commesso alcun errore nell’attribuire al direttore del consorzio entrambe le cariche sin dal 2013”.
Inoltre dichiara che “a fine 2015 l’Anac ha avuto modo di approfondire ulteriormente la questione, fornendo parere a un Comune della Liguria, nel quale, non ravvisando evidenti ragioni che ostino al cumulo delle due funzioni (responsabile anticorruzione e responsabile procedimenti disciplinari), suggerisce semmai di evitare prudenzialmente il conferimento dell’incarico di responsabile dei procedimenti disciplinari a un dirigente responsabile di un ufficio operativo inserito nella struttura organizzativa dell’ente e di prediligere invece un soggetto super partes quale il segretario generale, (anche nel caso ìn cui lo stesso ricopra l’incarico di responsabile anticorruzione). Con la deliberazione in questione il Cda del Cisap, aderendo al suggerimento su riportato, ha ritenuto prevenire ogni potenziale conflitto d’interesse, evitando anche di costituire un organismo ad hoc per il responsabile anticorruzione. Spiace quindi che, proseguendo nell’atteggiamento ostile e intenzionalmente denigratorio nei confronti del consorzio, il comportamento lineare e rispettoso dei suggerimenti dell’Anac sia stato strumentalizzato al fine di insinuare l’esistenza di interessi poco chiari, “ombre” e quant’altro, più volte evocati in sedi pubbliche e con verbali a disposizione. Va infine ricordato che per l’espletamento degli incarichi in questione non è prevista alcuna remunerazione”.
E invita i consiglieri del M5S “ad astenersi dal proseguire in comportamenti che rasentano la diffamazione nei confronti del consorzio e dei suoi lavoratori, aspetti e rilievi chiari e chiariti che strumentalmente ripetuti anche a mezzo stampa, nulla hanno a che vedere con una corretta dialettica politica e con il diritto di cronaca, di critica e di valutazione dell’azione amministrativa. Inoltre anche l’analisi e la critica della scelta politica riportata nell’articolo in questione, circa la scelta della forma gestionale del consorzio, risulta falsata dall’errata comparazione con il Comune di Torino, che esercita direttamente le funzioni e i servizi sociali. La consigliera continua a proporlo come esempio virtuoso di modalità gestionale, nonostante sia stato spiegato e documentato più volte nelle sedi istituzionali in cui si è dibattuta la questione – nelle quali la consigliera era sempre presente – che l’esercizio diretto di tutte le funzioni sociali e socio sanitarie di competenza comunale è consentito dalla legislazione regionale esclusivamente ai Comuni capoluogo di provincia – mentre agli altri Comuni, come il nostro, è fatto obbligo di gestire nelle forme associative previste dalle leggi vigenti (convenzioni, unioni, consorzi, delega all’Asl)”.