COLLEGNO, UCCISE IL PADRE PER DIFENDERE LA MAMMA: IL PROCESSO È DA RIFARE

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COLLEGNO – Tutto da rifare. Per Alex Cotoia, 22 anni, precedentemente conosciuto come Pompa, accusato dell’omicidio del padre Giuseppe Pompa la sera del 30 aprile 2020 nell’appartamento in cui abitavano in via De Amicis a Collegno, si ritorna alla sentenza di assoluzione nel processo di primo grado. Oggi, venerdì 5 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha cancellato l’intero processo d’appello e la condanna a sei anni, due mesi e 20 giorni di carcere che era stata inflitta al ragazzo.

Fin dal mattino era chiaro che l’aria era cambiata. Il procuratore generale Marco Dall’Olio, infatti, aveva criticato i giudici della corte d’assise d’appello che avevano pronunciato la sentenza di condanna. “È evidente – ha detto – la necessità di una motivazione rafforzata davanti a un ribaltamento così evidente rispetto alla prima pronuncia. La motivazione della pronuncia di appello deve essere massimamente rafforzata: il primo giudice assume come attendibili le testimonianze della madre e del fratello di Alex mentre i giudici d’appello con la sentenza hanno disposto l’invio degli atti in procura per falsa testimonianza. Partendo dal presupposto che si è trattato di un giorno di ordinaria violenza, nella sentenza di appello non è dato comprendere cosa abbia scatenato la condotta di Alex”.
La stessa accusa, in sostanza, ha chiesto di rifare il processo come chiesto dal legale di Alex, l’avvocato Claudio Strata, che aveva sempre sostenuto che il ragazzo avesse agito per difendere se stesso, la madre e il fratello da quel padre così violento. “Alex non è un vendicatore. Ha sempre tenuto comportamenti che sono stati ricostruiti attraverso le testimonianze della madre e del fratello e le registrazioni entrate nel processo. Quella fu una serata fuori scala, anomala, quella sera esplose una bomba atomica. Il giudice d’appello non ha confutato gli argomenti posti alla base della sentenza di primo grado” – queste le parole di Strata.
La sera del 30 aprile 2020 Alex uccise il padre sferrandogli 34 coltellate e utilizzando più coltelli. Il ragazzo chiamò poi i carabinieri e fu arrestato. Il 24 novembre 2021 il ragazzo è stato assolto per legittima difesa nel processo di primo grado. I giudici hanno creduto nella versione sua e dei suoi familiari, ossia, che in quella circostanza non c’era altra via d’uscita. Tutto era stato ribaltato però nella sentenza d’appello del 4 maggio 2023. In quell’occasione la corte d’assise d’appello aveva ritenuto provato l’omicidio volontario, ma non aveva quantificato la pena e aveva rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, come richiesto anche dal pm (applicato come procuratore generale) Alessandro Aghemo in modo che fosse cancellata l’aggravante di avere agito contro un congiunto prossimo. Così avvenne con una sentenza destinata a fare giurisprudenza.
L’ultimo capitolo, quindi, fu il calcolo della pena, che tenne conto di tutte le possibili attenuanti. Il 13 dicembre 2023 la corte d’assise d’appello inflisse ad Alex sei anni, due mesi e 20 giorni di carcere. Ma anche questa pena, secondo la Cassazione, è sproporzionata e anzi, non è da escludere che il ragazzo abbia agito per davvero per legittima difesa.
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