di PINO SCARFÒ
ALPIGNANO – Voci preoccupanti in paese confermano l’arrivo in città di due o trecento profughi, presso l’hotel Parlapà di via Fornace 49. Una struttura di novanta camere di Pierfrancesco Camerlengo, figlio del re delle cliniche private Pietro Camerlengo, che alla fine degli anni 60 inizia a costruire case e gestire case di cura specializzate in medicina generale, medicina riabilitativa e riabilitazione neuromotoria, fra cui figurano anche Villa Papa Giovanni XXIII e Villa Iris a Pianezza, ora gestite dal figlio.
Appena saputa la notizia, una ventina di abitanti della zona Fornace ieri sera si sono ritrovati davanti all’ingresso dell’hotel, per decidere che cosa fare. Oltre ad essere sbigottiti e increduli, sono soprattutto preoccupati e qualcuno anche terrorizzato che un numero così sproporzionato possa essere collocato sul posto, nei pressi delle loro abitazioni.
L’hotel è situato in una zona di campagna con case più o meno distanti tra loro. Alcune persone accennano a un bando pubblico al quale ha partecipato una cooperativa che si è aggiudicata il progetto, ma del quale non si conoscono né i contenuti né il nome della cooperativa. Qualcun altro ricorda che l’hotel cesserà la sua attività ricettiva il 2 luglio prossimo “e subito dopo potrebbero giungere i profughi”.
Nel frattempo, pare che la Prefettura stia facendo le verifiche necessarie per capire se la struttura sia idonea o meno per accogliere queste persone. L’hotel nasce durante il periodo delle Olimpiadi 2006 e sembra aver percepito fondi pubblici, come previsto per tante attività ricettive del Piemonte sorte o ristrutturate a ridosso dell’evento olimpico. Dalle discussioni emerge che l’hotel Parlapà venne inaugurato nei termini previsti per il ricevimento dei contributi, ma l’attività ricettiva si avviò soltanto nel 2008.
Le domande che affiorano sono tante e quasi tutte espresse con molta ansia, per il timore di trovarsi tanti stranieri a girovagare nei pressi delle proprie case. Un cittadino si domanda se sarà un centro di prima accoglienza, “perché, se così fosse, ci verrà imposto e noi non potremo fare nulla, considerando però che la Prefettura ne sarà responsabile”. “Ma non lo sanno che in via Roma e in via Arnò ci sono almeno settanta profughi?; urla una signora. Altri, intimoriti, domandano con insistenza che tipo di centro hanno previsto di fare, quanti profughi esattamente vorrebbero inserire e, soprattutto, per quanto tempo: “Dobbiamo avere il coraggio di impedire che vengano”, urla un cittadino. Qualcun altro ricorda che lunedì ci sarà un nuovo sindaco in città: “Ci rivolgeremo a lui per prendere contatti con la Prefettura e sapere che cosa stanno decidendo di fare sul nostro territorio”. Una persona afferma che il sindaco ha la facoltà di chiedere al Prefetto “che sia tutto a norma e che venga garantita la sicurezza”. Un altra ancora, sempre più preoccupata, asserisce: “Dopo che i profughi saranno inseriti non se ne andranno più via, quindi dobbiamo fare qualcosa adesso e subito”.
L’incontro termina con la proposta unanime di inviare una lettera al nuovo sindaco, con la firma di tutti, per richiedere un incontro urgente al Prefetto. Si prospettano tempi duri per il neo sindaco, che comincerà il mandato con qualche grana da risolvere. Dalla redazione del nostro giornale abbiamo provato a contattare la Prefettura, sia ieri pomeriggio che questa mattina, per avere spiegazioni, ma i telefoni hanno squillato a lungo e a vuoto.