di PINO SCARFÒ
ALPIGNANO – Chernobyl 30 anni dopo. Una serata ad Alpignano, voluta dall’Associazione Chernobyl 2000, si svolgerà il 20 aprile all’Opificio Cruto, in via Matteotti 2 alle 20,30. Un incontro pubblico per riflettere sulla catastrofe nucleare che nel 1986 investi Chernobyl causando la morte di 4mila persone. Introducono: Gianni Da Ronco, sindaco di Alpignano, e Adolfo Cambieri, presidente dell’associazione Chernobyl 2000. Intervengono: la professoressa Carla Ricci, la giornalista e presidente della Stampa Subalpina Alessandra Comazzi, la giornalista ambientale de La Stampa Antonella Mariotti e Francesco Boccuzzi, medico radiologo. Modera la giornalista de La Stampa Chiara Priante. Sarà anche allestita una mostra fotografica. Accadde il 26 aprile 1986 poco dopo l’una a Chernobyl, nell’Ucraina del Nord. Alcune manovre, durante un’esercitazione notturna agli impianti di sicurezza della centrale nucleare, provocano la fusione del nocciolo attivando l’esplosione del reattore n° 4 e il collasso dell’intera struttura che lo proteggeva. Si manifesta il più grave evento mai avvenuto in una centrale nucleare: la catastrofe di Chernobyl. Viene mobilitato l’esercito e gli abitanti della città vengono evacuati in massa. Squadre di migliaia di operai e tecnici, chiamati poi liquidators e biorobots, vengono inviate per i primi interventi di contenimento della fuga radioattiva. Li chiameranno “biorobot”, e per fare in fretta lavorano senza protezioni adeguate. Molti di loro moriranno di tumori e leucemie nell’arco di poche settimane o mesi, altri vedranno le terribili conseguenze del loro sacrificio manifestarsi nei loro figli. I dati ufficiali, subito dopo la catastrofe, parlano di quattro mila casi di cancro alla tiroide tra Bielorussia, Ucraina e Russia per l’esposizione dal 1992 al 2002. Le cifre delle associazioni indipendenti sono dieci volte superiori. I più colpiti sono i bambini e i ragazzi sotto i quattordici anni di età. A tutt’oggi, nell’area considerata ufficialmente contaminata, vivono ancora 5 milioni di persone fra le quali si registra un’alta diffusione di patologie dermatologiche, respiratorie, infertilità e malformazioni.